II Domenica di Pasqua – Anno C
Domenica della Divina Misericordia
«..tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente! ..” (Gv. 20,27)
Come testamento lasciò una brocca d’acqua e un asciugatoio, fragilissimo alfabeto di un Maestro paradossale. Venne ricambiato con un pugno di chiodi e un vecchio tronco di legno: il bacio di Giuda gli fece allargare le braccia sul legno, il fuggi fuggi dei discepoli funse da martello per piantare i chiodi dritti nel mezzo delle mani. Lassù, nella fredda solitudine di un Golgota quasi deserto, venne crocifisso il Figlio di Maria e il cantore della speranza. Rimase quel grido strozzato, pesantissimo perché uscito dalle labbra di un Uomo che si diceva Dio: “Dio mio, Dio mio: perché mi hai abbandonato?” Ci sono giorni in cui anche Dio sembra lontano e sulla terra dell’uomo cala l’oscuro presagio di una notte dura da abitare: la notte dell’angoscia. La terra è nuda, il rantolo dei discepoli disturba il silenzio delle esequie, la Morte sbatte in faccia alla Vita la sua illusa vittoria. Tre giorni di silenzio, poi il grido: il testamento/promessa è stato rispettato! A loro, splendide donne del Sabato Santo: il sonno vinto dall’attesa, l’angoscia sanata di speranza, i passi lesti e appassionati. L’uomo dà sicurezza, le donne infondono speranza: la sicurezza senza speranza è una cassaforte blindata senza un tesoro da custodire. Le donne raccontano l’inedito: “è risorto, l’abbiamo visto. Era bellissimo!” Per tutti l’annuncio che quel testamento è stato dichiarato originale: “Pace a voi!” Pace anche a Tommaso: otto giorni per vincere la sua incredulità. Eppure Dio anche da Risorto mai si stanca di sedurre l’uomo distratto.